ATTENDERE O AGIRE COSTRUENDO UN FUTURO PRODUTTIVO DIVERSO E RESILIENTE: ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE CON OSSERVATORI PRIVILEGIATI

ATTENDERE O AGIRE COSTRUENDO UN FUTURO PRODUTTIVO DIVERSO E RESILIENTE: ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE CON OSSERVATORI PRIVILEGIATI

È stato ricco di interventi e spunti di riflessione interessanti il webinar promosso dal Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Messina, svoltosi giovedì 29 ottobre, dal titolo “Attendere o agire costruendo un futuro produttivo diverso e resiliente?”, a cui hanno preso parte illustri relatori, protagonisti del mondo dell’industria e dell’Università, che hanno discusso le politiche e le opportunità per un futuro produttivo – post pandemia – diverso e resiliente.

 

L’evento digitale è stato realizzato nell’ambito delle attività del progetto transfrontaliero Italia Malta, IKNOW, Interregional Key Networking for Open innovation empoWerment, finanziato dal “Fondo Europeo di Sviluppo Regionale,” e in collaborazione con i partner di progetto (Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia (PSTS), capofila del Progetto, i partner Università Kore di Enna, l’Università degli Studi di Messina (UNIME) la società Arkimede, con il contributo del Consorzio Med Europe Export e della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (CNA Sicilia).

 

«Questo appuntamento vuole essere un tentativo di costruire una rete di soggetti che possano contribuire al miglioramento del tessuto economico e sociale del territorio», ha detto in apertura il docente di Economia Applicata dell’Università degli Studi di Messina, Andrea Cirà, organizzatore dell’incontro – «È importante che i protagonisti del mondo dell’industria discutano di resilienza, ovvero di come trasformare questo momento di cambiamento in un momento positivo, cercando di agire per ristrutturare l’attività economica e ripartire diversi, ma più forti di prima. Specialmente in Sicilia».

 

«Quello dell’impresa e quello dell’Università sono due mondi diversi, che utilizzano linguaggi e hanno obiettivi differenti, così come tempi e sfide diverse, ma destinati a incontrarsi», ha commentato Michele Limosani, Direttore Dipartimento Economia Università di Messina. «Perché le imprese utilizzano capitale umano proveniente dalle Università e questa esigenza crea un punto di contatto, oltre a quello creato dal piano della ricerca. L’Università non è un istituto professionale, non forma esperti. Il nostro compito è offrire allo studente una conoscenza non del particolare, ma dell’universale, formare persone critiche rispetto al sistema economico, ma che dovranno approcciarsi successivamente al mondo del lavoro. Parlare di correlazione Università/mondo produttivo al Nord è diverso da parlarne in Sicilia – ha aggiunto – molti dei nostri studenti preferiscono lasciare il nostro territorio, non perché l’offerta formativa sia più scarsa, ma perché il nostro sistema produttivo è più fragile e si basa su rapporti occasionali e non strutturati. Ed è su questo che dobbiamo puntare per il futuro, sulla costruzione di obiettivi condivisi dal mondo delle imprese e dell’Università e sulla costruzione di relazioni stabili».

 

«Agire o attendere? è una domanda retorica – ha detto nel suo intervento Guido Signorino, docente dell’Università degli Studi di Messina, che ha affrontato il tema delle politiche regionali alla base del tessuto economico produttivo – “È chiaro che se parliamo di ricostruzione di equilibri sani pensiamo che bisogna agire, osservare per capire cosa fare. Le politiche regionali sono quelle che hanno lo scopo di sanare gli squilibri regionali, sono strumenti che l’azione politica ha per cercare di sanare i gap territoriali, uno dei temi che connotano in negativo lo sviluppo economico del nostro Paese. La crisi della pandemia colpisce l’economia siciliana in modo profondo, generando alcune fratture che sono le diverse velocità di crescita delle regioni meridionali rispetto a quelle del Nord, specialmente in alcuni settori. I grossi poli industriali del Sud non hanno generato la crescita sperata e hanno portato a nuovi percorsi di politica economica per passare dalla quantità dell’investimento alla qualità. Vent’anni dopo sono emersi i limiti di questa impostazione, dal punto di vista del capitale umano, di istruzione e formazione, produttivo, temporale. E con il Covid alcuni di questi aspetti si sono amplificati, esponendo la Sicilia alle ferite aperte dal virus e rendendo necessario un percorso di resilienza particolarmente attento. Come possiamo essere resilienti? Innanzitutto, ponendo l’attenzione, oltre che sulla quantità, sulla qualità della spesa e dell’investimento. Poi stando attenti alla ripartizione delle risorse nel Paese, migliorando il lavoro della pubblica amministrazione e riducendo i tempi di realizzazione di progetti pubblici e privati».

 

Ha parlato di riqualificazione del sistema economico regionale in funzione della nuova emergenza sanitaria Mario Filippello, già dirigente CNA Sicilia.

«C’è in atto un cambiamento epocale che avrà ripercussioni profonde sul sistema delle imprese siciliane, come in tutta la società. Sono tragici i dati dell’aumento della disoccupazione, ci saranno centinaia di migliaia di imprese che chiuderanno, il PIL diminuirà esponenzialmente. Ma, d’altra parte, c’è una nuova fase che si apre e quindi, per certi aspetti, un’occasione. Ripartiremo tutti in condizioni diverse rispetto al passato, ci sarà una ridistribuzione all’interno del sistema produttivo di ruoli e redditi. Alla crisi del commercio si accompagna l’entrata in campo di nuovi soggetti che affiancano la distribuzione della piccola e media impresa italiana, creando una nuova fascia di consumatori. Come partecipiamo alla nuova competizione? Fondamentali diventano le nuove tecnologie, per riuscire a inserirci nel nuovo contesto economico e sociale dei prossimi anni e per la ripresa economica della nostra regione. Dobbiamo ripartire attraverso processi che puntino a ricostruire istituzioni, sistema produttivo e formativo, lavoro, sviluppo di piccole e grandi imprese e che creino prospettive per la nostra realtà».

 

Come si può cooperare insieme per migliorare l’export e la creazione di reti? Soprattutto nel mondo della fashion? A questa domanda ha risposto Grazia Clementi del Consorzio Med‐europe‐export, che ha posto l’accento sull’importanza delle manifestazioni fieristiche e dell’associazionismo tra aziende, che pare essere l’unica salvezza in un momento di incertezza. «Anche se sembrava un’impresa impossibile – ha affermato – anche le aziende siciliane lo stanno cominciando a comprendere, dialogando fra loro in un’ottica di sostenibilità. Dobbiamo ampliare la nostra visione e guardare al resto del mondo per creare un tipo di economia globale».

 

Di opportunità ha parlato anche il docente dell’Università di Messina Maurizio Lanfranchi, sottolineando come queste siano legate alla filiera alimentare, al clima, al green, a misure sostenibili per l’agricoltura, su cui bisogna assolutamente puntare. «Il mercato richiede maggiore produttività, obiettivo che possiamo conseguire attraverso una rivoluzione digitale che avvicini anche i giovani a questo settore, riducendo così il gap generazionale».

 

Da UniME viene anche il docente Nicola Cicero, che si occupa di sostenibilità ambientale. «Negli ultimi dieci anni abbiamo lavorato sulla valorizzazione dei sottoprodotti delle aziende siciliane, fondamentali quando si parla di sostenibilità a tutto tondo. Dagli scarti di agrumi si ricavano tanti sottoprodotti utilizzabili, così come dal siero del latte. Ci siamo concentrati anche sul bio packaging sostenibile, che sostituisce il packaging tradizionale dei prodotti alimentari».

 

Su imprese e incubazione si è concentrato l’intervento dell’ingegnere Giancarlo Visalli, titolare della Società Arkimede di Messina – «l’innovazione è alla base di qualsiasi attività imprenditoriale e a noi il Covid ha offerto delle opportunità permettendoci di entrare in contatto con qualsiasi tipo di attività e vendendo prodotti di qualità in tutto il mondo. Un’opportunità da cavalcare, oltre a quella di fare rete tra aziende per superare il momento di impasse in cui ci troviamo. Per questo abbiamo fondato un incubatore di imprese con il compito di trovare i progetti migliori nel mondo della ricerca e trasformarli in opportunità di business. All’interno del progetto IKNOW abbiamo selezionato cinque start up, incentivando le idee delle singole aziende che poi si muoveranno in autonomia sul mercato. Il nostro obiettivo è anche trovare capitali privati che possano celermente far crescere le nostre aziende. Ma anche prendere il meglio dell’Università, unirlo alla nostra esperienza e far riferimento a mercati molto più floridi dei nostri».

 

A chiudere il cerchio l’intervento di Sebastiano Di Stefano del Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia, Project Manager del progetto IKNOW, sul ruolo della cooperazione pubblico privato per il miglioramento della competitività industriale regionale. «In un’organizzazione politica e sociale come la nostra, l’impresa ha un valore pubblico e sociale fondamentale. Il fatto che l’Università abbia un modus operandi diverso dalle aziende non esime dal dare anche a questa importante istituzione un ruolo sociale attuale, che può incidere anche sullo sviluppo industriale e produttivo del territorio, anche attraverso lo sviluppo delle professionalità che entreranno nel mondo del lavoro. Da sempre il Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia è impegnato nel trasferimento tecnologico e il più importante e duraturo è quello che riguarda le persone che hanno il know-how. Trasferirli all’interno delle imprese è il vero trasferimento tecnologico stabile che si può fare a favore del mondo produttivo. La collaborazione tra privato e pubblico, finalizzata allo sviluppo industriale, è una delle chiavi di volta che consentono ai territori di crescere. In Sicilia, e nel Meridione in generale, dovremmo migliorare lo spirito di cooperazione nel creare un ecosistema innovativo che aiuti la crescita economica del territorio. E su questo si può lavorare, anche grazie a strumenti come i sistemi delle reti fra soggetti pubblici e privati a livello locale e verticale, possibili grazie alle nuove tecnologie, e alla filosofia dell’open innovation, che mettiamo in atto con il progetto transfrontaliero IKNOW e che permette agli operatori di innovarsi e di creare un ecosistema dell’innovazione».

 

Da queste riflessioni si comprende l’importanza di fare “rete” quando ci sono degli obiettivi definiti, comuni e condivisi. Sono numerosi i vantaggi che si possono ottenere creando e partecipando a una rete di imprese che opera nel territorio. Dunque, un incontro che non vuole rimanere isolato, ma si pone come punto di partenza per far conoscere e fornire strumenti per creare nuovi network, creare un ecosistema innovativo, grazie anche alle risorse tecnologiche.

Utilizzare la Piattaforma Open Innovation Service Lab per creare community in cui far partecipare più imprese, mettendo in comune risorse, esperienze, idee, è un valido strumento collaborativo ed un inizio vincente per favorire opportunità di scambi e relazioni utili a raggiungere un obiettivo comune che è quello di potenziare il tessuto economico locale con uno sguardo alle prospettive future anche verso l’internazionalizzazione.